I posti del cuore di Ester Viola a Milano

Di Caterina Zanzi

Un’avvocata, scrittrice, che fa (anche) la posta del cuore. Di nascita valtellinese ma genuinamente campana. Ester Viola è una, nessuna, centomila e ci accompagna da anni in tutte le varie peripezie sentimentali, dispensando consigli che ci daremmo a vicenda, se a volte l’amore non ci obnubilasse. Le abbiamo fatto qualche domanda su Milano, città in cui vive da anni, sui suoi posti del cuore e su quello che la riempie o le manca nel vivere qui.

Ester Viola
Ester Viola | © ph courtesy

Iniziamo dai fondamentali. Colazione, pranzo, aperitivo e cena: quattro posti a Milano?
La brioche alla crema migliore della città preferirei tenerla per me, sono influencer per conto mio, nel senso “non vorrei che poi finisse”. Buonissimo il cinnamon twist di Loste. Pranzo alla Cantina di Manuela, di via Poerio. Arlati a cena.
Aperitivo. Sai che è pure una questione di età, l’aperitivo? Finiamo alle otto di sera, ci diciamo “andiamo a mangiare?”. Si sta bene, da seriamente sfamati. Un buon conversatore deve essere sazio di qualcosa di meglio delle pizzette? Forse sì. 

Nella tua posta del cuore c’è tanta vita sentimentale: dove vai per un rendez-vous romantico?
Servirebbe un poco di mare, non ho alternative per convincerti. Via Castel Morrone? Passeggiata dopo cena? Gelato? Ma non è Cicciotto a Marechiaro, lo so.  

A Milano sei arrivata ormai 10 anni fa, da Napoli: cosa ti aspettavi di trovare all’epoca che in effetti hai trovato e cosa invece secondo te è un grande bluff? 
Mi aspettavo ordine, lavoro e possibilità. Ho trovato tutto. Certo, ormai si è messa in testa di essere Londra e Parigi. Certe volte riesce in piccole imprese meravigliose. Per esempio la volta che c’era Fran Lebowitz, era un’intervista. Sono uscita dallo studio e in 15 minuti più o meno ero lì, a teatro. Niente traffico, niente caos e niente coda. Sono felicità poco possibili altrove, quelle. Vicinanza a tutte le cose che ti interessano, senza dover dare spallate per averle.
Servirebbe il tempo. Un mio amico negli anni ‘90 viveva qui e mi diceva “bella Milano, si se putesse veré” – bella Milano, se solo si potesse vedere. Parlava della nebbia d’inverno. Al posto della nebbia adesso hai il lavoro che si allunga coi tentacoli a tutto. Sono scelte, però, pure quelle. 

Qual è il tuo quartiere del cuore a Milano e quale quello dove, al contrario, vai solo se proprio ti tocca?
Sai che ci penso e non ne ho, ed è un bel talento che ha questa città? Non chiede di piacerti, non ha quella vanità di certi quartieri che ti dicono: vieni a stare qui.

Cito un tuo tweet di un paio d’anni fa che mi ha fatto molto ridere: “I costi di Londra, il clima di Bangkok, i taxi che di solito trovo a Benevento”. Ha anche dei pregi, Milano? Scherzi a parte, parliamo pure anche dei difetti: cosa proprio non ti va giù di questa città?
Quanto costa. Lo sappiamo. Sei hai vent’anni ed è qui che vuoi stare, perché certi lavori sono proprietà privata di Milano, con tutta la forza dei vent’anni e l’intenzione di fare mille giorni di gavetta, non riesci a permetterti molto. Gli stipendi devono essere alti abbastanza perché non può essere tutto poggiato sull’esclusione: non deve finire così, che qui o mangi o dormi con un tetto decente in testa.

C’è un luogo a Milano che ti ispira riflessione e intimità e dove magari ti rechi per stare un po’ con te stessa o prendere una decisione importante? 
A Napoli sì, l’avevo trovato. Il Chiostro di Santa Chiara. C’era una qualità mai sentita di silenzio, lì. Il migliore della città era davanti al Cristo Velato. Spaccanapoli fuori, e dopo venti metri il Chiostro. Trovi questo pezzo di pietra impossibile, un marmo di velluto, un corpo d’uomo che ferma il tempo. All’improvviso te ne accorgi: cos’è quest’ovatta? – ti chiedi. Non è possibile. Neanche sulle Dolomiti hanno un silenzio così.
A Milano da nessuna parte, non l’ho mai ritrovato. Meglio così. Uno non ha scuse e le decisioni importanti le prende andando. Anche stare sola con me stessa, addio. E che liberazione.

A quale città, straniera o italiana, vorresti rubare qualcosa per Milano?
A Napoli la vista mare e Capri, a Roma le grandezze, i palazzi, certe piazze gonfie di luce, una certa pace mentre si sta nervosi perché le cose non funzionano. Sì, lo so che sembra ridicolo, ma ci sono posti dove c’è una struttura portante di calma in ogni condizione. Non chiedermi di spiegare come succede, non lo so.

Il primo posto dove porteresti un tuo amico in visita?
La stanza dei Fontana del Museo del 900

Per mestiere, oltre al tuo principale, scrivi e in qualche modo sei parte della ‘bolla’ culturale di questa città: ci sono luoghi legati alla cultura – musei, gallerie o teatri – che ti piace frequentare?
C’è Starnone e vado ovunque. Teatro, se c’è Rezza. Mi piacerebbe un Flore milanese. Dove incontrare chi scrive. Ci potremmo chiedere “stai scrivendo?” e risponderci poco e male e macché

Le tue origini campane dove ti portano in città se hai voglia di cibo ‘delle tue parti’?
Non si può fare. È un trasloco impossibile. Serve quell’accento per l’aria. Lo so che è una risposta cretina, ma la tengo.

In uno dei tuoi articoli che preferisco dividi gli amori in due categorie: PAQ (Piccolo Amore Quieto) e GAS (Grande Amore Sessualissimo). Milano a quale di questi due generi appartiene, secondo te? 
Millennio indecifrabile. Impossibile dirlo. Sono saltati i sistemi elementari di premessa-conseguenza, tutti. Nemmeno più il vecchio “ti scrivo” vuol dire che mi piaci sta più in piedi. Meglio non farsi domande. Scansare ogni analisi. L’amore come viene, viene. 

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